Questo è il mio cranioL'Imperativo Indaco fu preso dal panico prima che il dolore prendesse il sopravvento, inghiottendo le crepe che si propagavano nella sua mente.
La terza arma era spuntata dal nulla. Dondolando selvaggiamente l'arma per costringere l'avversario ad allontanarsi, si mosse goffamente all'indietro con passi incerti. La prima cosa che sentì, quando il dolore glielo permise, fu la tempia bagnata e raffreddata dal vento, quindi il primo pensiero che ebbe fu che l'elmo aveva retto, ma si era aperto. Il secondo fu che era quasi morto come un drone senza cervello.
Il suo avversario emise un ghigno di scherno, di derisione. Sapeva dei due artigli retrattili. Lo sapeva, ma il Mimetico glielo aveva fatto passare di mente. Aveva combattuto sulla difensiva, balzando via, deviando a malapena la sua lama, ogni volta che era riuscito ad arrivare a tiro. Il combattimento era andato avanti così per molto tempo, la sua fiducia cresceva a ogni colpo. Il Mimetico aveva strillato e sibilato a ogni schivata e parata, le sue mosse erano quasi da panico verso la fine. E per tutto il tempo, ora se ne rendeva conto, era diventato più arrabbiato, più aggressivo, più sicuro di sé, ignorando il suo addestramento e puntando semplicemente all'uccisione. Gli incitamenti dei seguaci del suo Maestro lo spingevano ad andare avanti, onde ruggenti di voci che si alzavano a ogni suo colpo.
Ora il silenzio regnava al di là dei suoi pantaloni, rotto da qualche grido di scherno dei sostenitori del suo avversario e dai gorgoglii del Mimetico davanti a lui. Dalla folla, ondate di emozioni feromantiche si abbattevano su di lui come frane, minacciando di far precipitare i suoi stessi sentimenti. Il dolore gli aveva rubato la concentrazione e aveva aperto la sua percezione ad esse e solo allora capì il motivo per cui si era sentito così sicuro della sua vittoria, il motivo per cui era stato così avventato. Come gli artigli che si ritraggono, anche lui conosceva questo trucco. Lo sapeva, ma ne era caduto comunque vittima. Anche ora le emissioni del Mimetico lo incitavano, rassicurandolo della sua vittoria, prima di cambiare, alimentando la paura e la disperazione.
Stava quasi per caderne vittima ancora una volta. La sua salvezza arrivò da dove era sempre arrivata. Tra le onde che la folla gli stava lanciando - rabbia, scherno, disgusto, odio - ne individuò una: la delusione. La delusione del suo Maestro. Azzardò un rapido sguardo alla balconata e lo vide seduto lì, silenzioso, inespressivo, accanto al Biomante della Direzione che gli aveva messo contro questo Mimetico.
L'Imperatore Indaco guardò il Mimetico. Basta con i trucchi. Basta con i giochi. Questa era una guerra, proprio come quella che il suo Maestro aveva iniziato con gli umani. Una guerra per mettere a tacere i dubbi, una guerra per mantenere il controllo, una guerra per affermare il suo giovane Maestro come una forza da tenere in considerazione, un potere da temere.
Una guerra che avrebbe vinto da solo.
Assunse una posizione difensiva, mentre il Mimetico gli saltava addosso sibilando come un animale, con quattro lame che lampeggiavano con intento omicida.